Per chi fosse interessato, le iscrizioni al Premio Nazionale di Poesia La Rondine sono aperte fino al 15 luglio 2023. Di seguito tutte le modalità per partecipare.
PREMIO NAZIONALE DI POESIA LA RONDINE Un’unica sezione per poesie in lingua italiana e in dialetto. Le poesie in dialetto vanno accompagnate dalla traduzione in italiano, sullo stesso foglio. Ogni concorrente può partecipare con una sola poesia a tema libero, non superiore ai quaranta versi, da spedire in 7 copie tutte riportanti le generalità del partecipante. La quota di partecipazione alle spese di segreteria per la sezione La Rondine, da inserire in una busta chiusa dentro quella più grande contenente la poesia, è di 15 €.
PREMIO NAZIONALE DI POESIA FABRIZIO VACCARI – GIOVANI Si partecipa con una sola poesia, in 7 copie, in italiano o in dialetto, a tema libero, non superiore ai quaranta versi, indicando l’età (anno e mese di nascita) e le generalità. Nessuna quota di partecipazione per la sezione Fabrizio Vaccari giovani. Se si partecipa contemporaneamente al Premio Maria Dolens, si paga la quota di 15 € di tale sezione . PREMIO NAZIONALE DI POESIA MARIA DOLENS Si può partecipare con una sola poesia, ispirata alla pace o alla fratellanza tra i popoli, in 7 copie, in italiano o in dialetto, non superiore ai quaranta versi, tutte riportanti le generalità del partecipante Se si partecipa solo alla Maria Dolens, la quota è di 15 €. Nessuna quota aggiuntiva se si partecipa anche alla Rondine.
Il plico con le poesie, ogni copia completa delle generalità, oltre al numero telefonico e a quello di e-mail e all’indicazione della sezione, deve essere inviato insieme a 15 € per posta a:
ITALO BONASSI, VIA BENACENSE 77 BIS A/6, 38068 ROVERETO (TN) o preferibilmente per e-mail, italo.bonassi@fastwebnet.it
O al segretario del Premio:
MICHELE SALIN, VIA DON NEGRI 2, 38073 CAVEDINE (TN) Emal: salin.michele@hotmail.com
Accompagnando alle poesie inviate per e-mail la fotocopia del versamento effettuato. IBAN del gruppo Poesia83: IT 23 Q 08016 20804 000045025073 Istituto bancario: Cassa Rurale Alto Garda Rovereto Saranno ammesse al concorso solo le poesie che perverranno
Entro SABATO 15 LUGLIO 2023 Se inviate per posta farà fede il timbro postale.
Si accettano anche poesie edite e già premiate altrove. Non sarà comunque possibile vincere due primi premi consecutivi. La giuria sarà presieduta da Italo Bonassi, presidente del Gruppo Poesia 83. I nomi dei giurati, facenti tutti parte del “Gruppo Poesia 83” saranno comunicati in occasione della cerimonia di premiazione che avverrà
A ROVERETO, AUDITORIUM DELLA CAMPANA DEI CADUTI colle di Miravalle SABATO 26 agosto 2023 ORE 15.00 Un eventuale spostamento di data verrà comunicato per tempo ai premiati
Sono esclusi dalla partecipazione i poeti soci effettivi del Gruppo Poesia 83. Sono ammessi i soci simpatizzanti.
Premio “LA RONDINE” 1° Premio € 500 targa e diploma 2° Premio € 300 targa e diploma 3° Premio € 150 targa e diploma
Premio “FABRIZIO VACCARI” 1° Premio sezione giovani €150 targa e diploma
Premio MARIA DOLENS, la Campana della Pace 1° Premio la riproduzione della Campana di Rovereto con una pubblicazione sulla storia della Campana
Per la Rondine – a tema libero- oltre ai primi 3 premi, sono previste 3 segnalazioni e 4 menzioni e libri in omaggio. Saranno indicati anche 10 finalisti che verranno chiamati a leggere la loro poesia. Targhe e diplomi potranno essere spediti su richiesta del premiato, se impossibilitato a venire, per via postale con spese a carico del destinatario. I premi in denaro si consegnano esclusivamente a persona munita di delega firmata dal premiato e dopo una sua previa comunicazione.
Il Premio è patrocinato dalla Presidenza della Provincia di Trento, dalla Fondazione Opera Campana dei Caduti Maria Dolens di Rovereto, dalla Cassa Rurale AltoGarda di Rovereto, dal Mart Museo D’Arte Contemporanea Trento e Rovereto, dal Salone Cielochiaro di Rovereto, da Distillati Trentini Giori di Volano (TN)
Mi succede ancora di alzare il telefono per raccontarle qualcosa. Compongo il prefisso e solo allora mi ricordo, e riattacco. Oppure leggendo un libro penso: Devo parlarne a mamma, e poi in una frazione di secondo la memoria si riaffaccia.
Lei se n’è andata da alcun anni. Dove sarà? Il silenzio di chi ha passato quella frontiera mi raggela. Tante care foto hanno colto degli istanti di quel nostro tempo insieme. Cos’è in certe mattine, mentre cammino per strada, oppure scrivo, questo sentirla così vicina, tanto da dirle “ciao”, quasi fosse qui accanto?
Lo so che non posso vederti mamma. Però sorrido – come a una tua impercettibile carezza.
Mamma Giacomo Manzoni di Chiosca
Occhi di adolescente, birichini, dolci e suadenti eppure maliziosi. Così, nel tuo ritratto di fanciulla io ti ricordo, mamma!
Come è sereno il tuo riposo, mamma! Come è ancor viva nell’aria che respiro la tua dolcezza e il tuo vigore, mamma!
Diafane le tue mani come cera, offrono a Dio il tuo amore, quell’amore che ci hai donato senza condizioni e che guida il mio cuore alla Speranza.
A mia madre Angelo Casamassima Annovi
Cos’è successo mamma ai tuoi capelli? Sono passati solo pochi anni e ti ritrovo come una montagna che ha ricevuto il fresco della neve. Cos’è successo mamma ai tuoi occhi belli? Erano ancora quelli di una bimba e adesso sono quelli di una donna che ha perso i figli uno dopo l’altro. Com’era il tuo bel viso non lo so quando hai lasciato questo mondo ingiusto: eri nascosta dietro le mie lacrime così t’ho vista come nei miei sogni… Coi tuoi capelli neri e gli occhi grandi, con la tua voglia di cantar la gioia che avevi quando al seno ti stringevi uno dei centomila figli tuoi. Che fine ha fatto mamma il tuo gran cuore? Sembrava avesse i limiti del cielo e invece l’amarezza degli addii l’ha riempito tanto da scoppiare. Là dove sei nei cieli più lontani se mai ti capitasse di sentire la mia voce sappi che nell’oceano di dubbi in cui galleggia questa mia esistenza tu hai piantato l’unica certezza che mi riempie il cuore di dolcezza: vivrai con me, mamma, la breve eternità della mia vita.
Mamma sulle scale Italo Bonassi
Senza dire una parola sola, la chiamo, piano, sussurrando appena. Fuori, nel buio, c’è la luna piena, ed io la vedo entrarmi nella stanza, e mia madre, uscita dall’oblio, come uno spettro, un Lazzaro risorto, brilla nella memoria, e tutto tace, mentre il tempo si ferma e tutto è pace.
Spettro di luce, mamma, nel pensarla m’ascolta come ascoltano le madri nel Tempo dell’ascolto, e l’uscio è aperto, c’è un buio fitto, fuori, sulle scale, ed anche l’ascensore ora è fermo come una bocca aperta, è lì in attesa.
Come un fiore appassito il suo sorriso, e il tempo già s’invola e sulle scale torna, pudica e smorta, un po’ di luce, la prima, e mamma ora mi lascia, scende le scale, se ne va e scompare, come inghiottita, giù, nel giroscale. Resta l’ascensore, ancora fermo, con la sua bocca aperta, lì, in attesa. Dio solo sa di chi. Di me? Che attenda…
Ti scrissi Marco Lando
Ai giardini pubblici, eravamo madre antica e figlio cagionevole: capii che mi avresti preceduto, e serio, pensai e dissi: madre, ti scriverò, ci sarà un legame. Così è. Mi sei mancata: non ci sei più. Forse ti ricordo, forse ti capisco. Quando sparisti, andai alla chiesa di Suffragio e alla Beata Giovanna a chiedere al Santissimo di te, di me, di noi. Dio ebbe grande silenzio, e don Matteo trovava la mia strada: scriverti, pensarti e avere poesia. Nella legge di mortale accetto di esserlo e di sapere conoscenza, vita, slancio quotidiano e termine ultimo, sotto il Grande Giudizio.
Cara mamma Ornella Fait
Buon compleanno cara mamma con belle rime voglio ricordare questo trascorrere del tempo giorno dopo giorno… anno dopo anno si raggiunge la saggezza all’età che avanza metti la volontà con la grazia la gentilezza nel fare e dire le cose importanti per andare avanti ed essere contenti nonostante tante cose sbagliate guardando al mondo in difficoltà trovare il coraggio per essere felici del nuovo giorno che s’annuncia con il raggio del sole che la speranza sia sempre tanta di vedere che ad ogni età un bel sogno di Pace può diventare realtà.
Ritorno al paese Bruno Coveli
Da secoli che sembrano ieri passeri incantati d’amore gonfiano di paglie e piume tetti dai coppi ormai fradici di tempo e di sole rincorrendo avare stagioni. Nel vuoto assoluto del meriggio assolato gocciolante di sudore antico fontane mute giacciono vuote all’angolo della via ove polvere sottile mossa per brevi istanti da giri di brezza incrosta volti quali maschere arcaiche cariche di passato remoto. Disperato cerco allora sfogo alla paura di solitudini affioranti nella sarabanda dei pensieri e vado ad incontrare un suono di voce umana mentre nei dintorni si manifesta il nulla concretizzandosi nel frinire d’una cicala appena giunta sul muro. Eppure lì al paese dove adesso vago mura di calce e sassi nascondono il mio pianto bambino e mi pare di udire dalla finestra aperta sulla valle accarezzata dal fico la voce dolce di mia madre che chiama il mio nome e sorrido mentre arrivo alle scale di pietra di casa mia che profuma dell’odore degli avi rimasto nel tempo ad aleggiare tra spine di melograni ebbri di fiori scarlatti. Chiudo gli occhi e vivo per lunghissimi istanti il film delle mie disperate illusioni e giro la guancia in attesa di un’improbabile carezza.
A mia madre, autrice di docili consigli Angelo Magro
All’approssimarsi dell’autunno, anticipando il freddo inverno scendeva in cantina prelevava dal baule gli indumenti pesanti maglie di lana calzettoni cappotti. Faceva, a mano a mano che gli passavano dinanzi, una cernita mentale ne stimava a occhio la lunghezza si chiedeva se avrebbe potuto giovare ancora una volta. Li posava accuratamente a terra sostituendo nel turn-over gli abiti estivi. Entrata in casa, prima di essere stesi all’aria, li lasciava qualche ora in una camera sicché dai cellophane fuoriusciva spandendosi nei locali un odore acre fortemente buono di naftalina e buone maniere.
Prego con ti Maria Pia Venturini
Sul taolin la to fotografia, parlo con ti, i toi oci i me fa compagnia. En fil de aria che me sfiora l’è na to caressa. Gò ancora el fasoleto che ha sugà le to ultime ore. Te ringrasiae con en soriso, mai en lamento. Te m’è ensegnà a viver, a anca come se pol morir. Adesso la to casa l’è drento de mi, nel cor che te m’è dato, e ala sera, prima de dormir, prego con ti, mama.
PREGO CON TE Sul tavolino la tua fotografia, / parlo con te, / i tuoi occhi mi fanno compagnia. / Un filo di aria che mi sfiora / è una tua carezza. / Ho ancora il fazzoletto che ha asciugato le tue ultime ore. / Ringraziavi con sorriso, mai un lamento. / Tu mi hai insegnato a vivere / ma anche come si può morire. / Adesso la tua casa è dentro di me, / nel cuore che mi hai dato, / e alla sera, prima di dormire, / prego con te, / mamma.
A mia madre Nives Cristoforetti
Nel tempo s’affaccia al mondo la voce della poesia. Con mia madre da remoti giorni imparai a sognare sulla scia di un nero cavallo nell’immagine di un’ampia fronte. E nell’intreccio delle favole con i fiori appresi l’evidenza di un insetto di un filo d’erba nel sole luminoso della vita.
Risvegli Gaspare Stassi
Si allinea nel mio insieme la vera forza del tuo spirito.
Guida indelebile del mio presente attimo dopo attimo il tuo silenzio è la mia parola.
Ti ricordo nell’immediato tempo profumate stelle di coloriti risvegli.
E la notte come un rifugio trovo sicurezza nel tuo abbraccio caloroso.
La mia giornata è in ricordo del tuo sostegno infinito trasporto del tuo eterno sole.
Nadàl senza de ti, mama Roberto Caprara
Som davanti ala porta, no te ài davèrt mama. Drento, scur, silènzi, sol ‘l canarìm m’à conossù, apena ‘l m’à vist. Sópio ‘l nass, sugo i òci. Quante vòlte ‘n sti ani ò passà l’ùss, ciacerà, ridèst, pianzù con ti. Manca la to voze, le làgrime, le caréze, i to òci, che pareva sajete se te ciamévi per nome. Sul cassabanch la foto del papà. Tacà de nóf a ti come ‘na vòlta. Senza cross né dolori, vizini a quel che conosse tute le misèrie e ‘l bom dei òmeni. Déne ‘na mam sempre. Zo chì, ‘l savé, la è n’altra storia, le ròbe se ‘ngàrtia se core drio, no le spólsa mai.
NATALE SENZA TE, MAMMA Sono davanti alla porta/ non hai aperto, mamma./ Dentro, buio, silenzio,/ solo il canarino mi ha riconosciuto,/ appena mi ha visto./ Soffio il naso,/ asciugo gli occhi,/ Quante volte in questi anni/ sono entrato,/ chiacchierato, riso/ pianto con te./ Manca la tua voce,/ le lacrime, le carezze, i tuoi occhi,/ che sembravano saette,/ se chiamavi per nome./ Sulla cassapanca/ la foto di papà,/ attaccato nuovamente a te/ come una volta./ Senza croci né dolori,/ vicini a quello che conosce/ tutte le miserie/ e il meglio degli uomini./ Dateci una mano sempre./ Quaggiù, lo sapete,/ è un’altra storia,/ le cose si complicano,/ si rincorrono,/ non riposano mai.
Le immagini inserite nell’articolo sono dell’artista roveretano Walter Salin, che oltre ad essere pittore è anche un musicista di chitarra classica, compositore, concertista, scrittore e regista. Socio del Gruppo Poesia 83. QUI la pagina web con una rassegna delle sue opere.
Davanti alla mia galoppante vecchiaia mi capita sempre più spesso di alzare gli occhi al cielo per chiedere a quell’apparente azzurro l’aiuto che non mi sarà mai dato. Eppure, tutto è venuto dal Nulla e quell’Universo infinito solo in pochi ritengono che sia frutto della fantasia umana. Posso guardare il cielo e sognare fantastiche risposte senza pensare di essere ridicolo.
Un privilegio
Ho il privilegio di ricordare il giorno in cui ho imparato a camminare. Quanta paura! Quanta fatica! Ma c’erano mio padre e i miei fratelli che m’incitavano a gran voce: non li potevo deludere. Così, barcollando mi lanciai tra dieci braccia pronte ad afferrarmi. Tre, quattro, cinque passi ripetuti più volte con sempre maggiore sicurezza e poi… E poi la gioia! Una grande gioia! Che bello ricordare quant’è meraviglioso imparare a camminare…
(QUADERNI Anno XXVII – n° 5 settembre-dicembre 2022)
C’è una ragazza in me – fatta di vento – lunghi ha i capelli grandi occhi di mare. Di tanto in tanto s’affaccia – per guardare – e d’improvviso tutto ha un diverso suono… altro gusto…altri colori… Mi prende per la mano e mi trascina via la ragazza di vento della mia fantasia.
Rose tardive
Nel mio giardino, ormai ingiallito e spoglio, aiutato dal sol di San Martino, un rosaio ostenta con orgoglio un bocciol schiuso, di color rubino.
Rosa tardiva, sei come gli amori giunti inattesi – coi capelli bianchi – a riscaldar l’autunno di due cuori giovani dentro, ma dai passi stanchi.
Pigrizia
S’è fatto giorno. Da dietro le persiane insinua un raggio il sole a titillarmi gli occhi. Ma più forte io li serro aggrappata alla coda di un sogno.
O mia quiete, edificio dell’anima, sei come il mare, sempre ricominciato quale ricompensa che segue il pensiero, un sole che si riposa nell’abisso, il solstizio del silenzio. ……e s’avanzano le riflessioni come barricate, alti colonnati a delimitare la pace della sera. Si fanno rossi gli occhi alle lampade notturne che saltellano, come sipari cangianti, fra i mille rami del viale, disegnando strane visioni. Intanto il vento contorce e risveglia profondità sonore, costringendo l’aurora a nascondere, tra veli di luce, gli anelli delle sue dita. O mio silenzio! coloro che cercano la pace della sera, conoscono l’ebbrezza della solitudine, percepiscono l’eco dei colori, il riflesso dei suoni, ascoltano il pianto dolente dell’usignolo. Così, seppure nell’oscurità, daranno un senso all’occhio d’oro della ginestra tra i rosmarini, quale ardente traccia per l’anima perché non diventi sonnolenta e pigra abitudine.
Ho costruito pezzi di me, come un ragno la sua ragnatela. Corazza del mio soffrire, scudo della mia trasparenza ai tuoi occhi. In un caldo soffio di vento la mia anima ha sciolto tutto, ogni filo ogni tassello delle mie barriere e mi ha sussurrato: ama come se nessuno ti avesse ferita. Allora i pezzi di ragnatela sono diventati ali di libertà tra i rami di pesco, nei cieli azzurri che all’arrivo della notte si illuminano di luce di stelle.
DONNA
Complice di luna, mi muovo in equilibrio in cerca di sogni, fratelli di ogni cosa, di ogni voce, di ogni sguardo. Con nastri d’amore continuerò il cammino, amando per ogni battito fino al nuovo giorno.
Senti pulsare la vita e l’armonia dell’intero universo nel tuo cuore, quando guardi le rondini e t’illudi di seguirle nel vento, quando un fiore fiorisce sulla roccia, quando il cielo si trapunta di stelle nella notte. Se lanci allora un grido oltre il confine dell’esistenza, una speranza nuova che ti sprona e ti esalta, ti fa vivo.
Ti senti eterno, un essere infinito che sprofonda nel buio tra le stelle, che s’immerge nel sole che risorge dalle brume invernali a primavera.
Solo se riesci a abbandonarti all’estasi della pienezza vera della vita, se puoi lasciare, per un istante solo, la solita esistenza di ogni giorno per volare nel cielo oltre le nubi, farti rondine e gheppio, roccia e fiore, farti fuoco nel ventre del vulcano, duna di sabbia e vento nel deserto, farti spuma nel mare tempestoso, vetta ed abisso, naufrago e poeta che non ha nulla, e ha tutto da donare…
Solo così ti senti vivo, e allora non ti rassegni a esistere, ma sei quello che sogni e provi dentro al cuore.
Le pietre parlano di Dio, come le splendide meteore greche, gli enormi menhir dalla cima pianeggiante. Cenobi in parete, monasteri a picco sui monti della Tessaglia, scrigno della spiritualità ortodossa. Mi piace pensare alla nostra foresta di rocce: le Dolomiti, e a ciascuno dei picchi come a tante controfigure della Torre di Babele: là, il sogno di onnipotenza dell’uomo, qui, torri misteriose discese dal cielo. Le abita e le pervade il silenzio. Monti come braccia levate, come rami di un albero che riceve la propria linfa dalla rugiada che scende dall’alto e non dal suolo. Meteora significa sospeso in aria, e da secoli le cime attirano l’uomo che arrampica, che conquista la vetta, che prega, chiamato a vivere momenti mistici fra cielo e terra. È un viaggio interiore, è una preghiera personale, silenziosa e incessante: non meccanica ripetizione di formule, ma dialogo con Dio che si fa soffio, respiro, spirito vivifico.
Una torre di negozi Nel centro della metropoli Dando fuoco e crollando In un breve momento Cadono a terra le costruzioni I cumuli di macerie
Sono tante le persone Estratte dalla rovinosa caduta Tutta la grande città è attonita Tante grida e lacrime si odono E mentre implacabile la sorte Morte elenca nelle notizie Bambini e Adulti e Vecchi Restano nella memoria di chi rimane E depone ai piedi della Torre un fiore
Per vivere ci vuole la forza Il coraggio di chi ha Esperienza di diversa abilità Roccia che si fa nella difficoltà Giorno dopo giorno abbattendo barriere Innata la voglia di vincere Organizzare una vita alternativa Rompendo le regole comuni Gioire delle conquiste quotidiane Invisibili al Mondo che corre Obbligato ad arrivare per primo
Cade una pioggerellina Anche il gatto si addormenta Tutto raggomitolato Tanto grigio il tempo che piove Anche se dall’Acqua viene la vita Nella Terra rinascono i semi Il ciclo della vita nelle Stagioni
Il secondo acrostico è dedicato a Piergiorgio Cattani, qui il suo blog.
C’è qualche cosa di invisibile, non è l’aria, non è sconosciuta, ci definisce, non è il profumo né il ricordo lasciato o il racconto dimenticato, disperso nelle bocche o nei libri della gente, non premiabile e non riconoscibile, è come l’ombra e ci segue come un sogno, appare come un’idea, ci illumina, si sente quando cambia il vento e noi non ci siamo ma chiacchieriamo vicini ed invisibili e magari ci mostriamo appena un poco, senza essere e senza apparire, e magari sentiamo il mondo o qualcun altro e poi così, come il vento soffia via, svaniamo e ridiamo e viviamo in mille parti e nessuna, e dicono e diciamo: sono loro, siamo noi, allora ci sono allora ci siamo, e guarda: davvero esistiamo.