IN AQUA VERITAS #1

Italo Bonassi – Introduzione

In principio Dio creò il cielo e la terra. Ma la terra era vuota e deserta: la tenebra era sulla superficie dell’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. Dio disse: Sia la luce! Vi fu la luce. E Dio vide che la luce era buona. E separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò giorno la luce e notte le tenebre. Poi venne sera, poi venne mattina: il primo giorno.
La radio che strepita. Il televisore che fa a gara col rumore di alcune motorette giù in istrada. L’acqua del rubinetto che croscia con violenza nel lavello mentre lei lava e risciacqua pentole, bicchieri e piatti e tutto quello che c’è da lavare.
L’acqua, sì, l’acqua, questa nostra indispensabile amica, nel bene e nel male, nella siccità come nelle alluvioni, l’acqua, questo meraviglioso ammasso liquido di idrogeno ed ossigeno (ogni due atomi di idrogeno, uno di ossigeno, e qui non ci si scappa, la natura non fa eccezioni, miliardi e miliardi di miliardi e ancora miliardi di molecole in un laghetto alpino, tutte composte da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno), e, dicevo, scorre nella costrizione delle tubature, sale fino al secondo piano dove abito, giunge al rubinetto e si getta scosciando nel lavello della mia cucina, finalmente libera.
Poi, silenzio. Improvviso quasi sconosciuto silenzio. La radio e il televisore sono spenti, i motorini hanno smesso di passare. Pentole, bicchieri, e quant’altro sono sistemati a sgocciolare tranquilli nello scolapiatti. L’acqua non canta più, altra acqua è ancora rinchiusa nelle tubazioni, ferma all’altezza della bocca del rubinetto.
Ed ecco che tutto sfuma, dilegua, come se una nebbia avesse portato via tutto, e resto solo io, e, dolce e tenera, sommessa e suadente, una voce che non conosco, mai udita, si confonde con lo stormire leggero delle foglie, col suono appena percettibile di un ruscello. E tutto attorno a me è poesia, tutto è preghiera. E mi pare di sentire l’acqua del ruscello ripetere sottovoce la voce misteriosa del silenzio. Quella del Cantico delle Creature di S. Francesco d’Assisi, il Cantico di Frate Sole.

Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laura nuda fa il bagno in un fiume, come una Venere nascente nell’acqua. Ricordate? Chiare, fresche e dolci acque, / ove le belle membra / pose colei che solo a me par donna… Il sogno d’immensità perdute di acque, di oceani mai navigati, è posto oltre i confini di ogni immaginabile memoria.

Camille Pissarro, La bagnante,1895

Giuliana Raffaelli

L’elemento acqua (in latino senza la c: aqua), le pennellature, le fantasticherie suggerite dagli abissi, i laghi, i fiumi, gli stagni, le lacrime, sono totalmente diverse da quelle che legano al fuoco, alla terra, all’aria.
Un esempio classico è quello di Narciso, che contempla ciò che lo specchio d’acqua fa trasparire della propria natura, quando lascia vedere e non vedere. La visione che appare dall’acqua sa addensare in sé un’intensa vita onirica. In tante religioni, anche nella cristiana, l’acqua è il simbolo dell’origine della creazione, come citato nella Genesi: “Lo spirito di Dio aleggia sulla superficie delle acque”. È il grande simbolo della rinascita, della purificazione, della memoria, ma anche della benedizione. L’acqua, rappresenta una simbologia ambivalente e opposta: dà la vita ma dà anche la morte, il Bene e il Male, l’acqua fresca e calma e il diluvio, la distruzione, come il Diluvio Universale della Bibbia.
Mi piace l’acqua quando esce dalla notte e diventa rugiada; sono tante gocce di un argento striato da brividi. Acqua, gocce di sapore cosmico, primordiale incantamento.
La verità e l’energia dell’acqua, che è la madre del mondo. E tutti noi ne siamo i figli, impregnati e nutriti d’acqua.

Fresca come il primo giorno

Non mi va il tuo fare indifferente:
senza di lei tu sai
che non puoi vivere.
Puoi stare tutto quanto un mese intero
senza toccar mai cibo, però starle
lontano una settimana, o anche meno,
amico mio, tu sai, che moriresti.
Non puoi star senza lei, ti appartiene,
è una parte di te, e tu la ami,
è un prodigio di natura, uno spettacolo
creato dalle stelle, ti raffredda
i bollori, perché, lei, nonostante
i suoi quasi sei miliardi di anni,
è fresca come e più del primo giorno,
lo sai, che l’hai incontrata.
Lei, è tutto per te. Sì, un po’ come
l’aria che tu respiri.
Lei, l’acqua.

La carezza dell’acqua

Penso a un maggio pieno di pioggia.
C’è questo cielo corrusco, gonfio
di nuvole irose che si sopravanzano
l’una con l’altra.
È un mondo irrequieto il cielo di questo
maggio sopra la mia città, come pregno
di attese, desideri, e, forse paure.
Dev’essere bellissimo guardarlo dall’alto
dei tetti dei grattacieli, più vicino, incombente,
o dagli abbaini di qualche vecchia casa
del centro: stare a contemplare
la pioggia che scroscia e scivola
sui vecchi coppi, appena
intiepiditi da un sole fugace.
Ma, anche, non c’è forse
del bello nel camminare
veloci nella pioggia nei viali
del parco improvvisamente
deserto, e annusare
a fondo inebriandocene
l’odore buono della terra
bagnata? Quel vento
che sembra vivo e chi ti butta
in faccia la pioggia, a sferzarti, ed è bella
questa ruvida carezza dell’acqua!
Lo so che odiate tutti
la pioggia, ma provate
a guardarla mentre batte
sui tetti o fa lucente
l’asfalto solitamente opaco,
mentre impregna
la terra riarsa e fa sbocciare gli stentati
nostri gerani sui balconi. A me pare
così bella… Una carezza
di vita nuova.

Camille Pissarro, Il Giardino delle Tuileries in una giornata di pioggia,1899

La mia acqua è chiara acqua sorgiva fra teneri muschi fioriti, è aria che avvolge, carezza, abbraccio, incantato nuoto, è tempo che scorre, canto libero, respiro, emozione, è il principio della vita, cascate di umida memoria, limpida storia, è oscuro liquido, abisso profondo, sorgente sotterranea, è perdute sorgenti, vuoto fondale, terre alla deriva, arsura, indifferenza dell’onda, è girandola di luce, è spumeggianti cascate di luce, gocce scintillanti, è danza, infiniti cerchi, riflesso, opalina trasparenza, è arabesco, arcobaleno in frantumi, polvere d’onda, fluente chioma evaporata, è rumore che trascorre, è murmure cammino, bianco frastuono, rombo scrosciante, levigante fragore d’onda, è liquido sguardo, intrisi pensieri, pioggia nella mente, è rugiada, è umido strisciare di piedi nudi sulla sabbia, è acqua nel bicchiere. E io, in questa mia poesia, m’immedesimo fino a farmi pioggia. E piovo, piovo, piovo…

Pioggia

Ogni giorno di pioggia porta un fresco
velo di bruma e gli uccelli stanno
intenti ai loro nidi senza volo
né canto, e per le strade vanno
gli ombrelli e le mantelle per la pioggia
come naufraghi in cerca di un approdo.
Tutto un diluvio d’acqua sopra e sotto,
che cade, schizza, scivola e dà un suono
d’acqua, di fango e crosci di grondaia,
che gocciola e rimbalza triste e gaia
su muri, vetri, gonne e pantaloni.
Scendo in istrada ed esco ad inzupparmi,
sotto l’acqua che cade ininterrotta,
testa, corpo, braccia, mani, gambe,
canto di pioggia e musica di gronda,
e via via mi sfaccio in gocce d’acqua,
e piovo anch’io col cielo e con la gronda,
a brente, secchi, olle, catinelle,
divento canto e musica di pioggia.
E piovo, piovo, piovo, a Dio la manda.

Una mano nella pioggia

Una mano si sporge dalla pioggia,
e mi fa un cenno, come a voler dire:
Entra, non temere, senza ombrello,
credimi, che indugi?, non ti bagni,
che aspetti? Qui dentro stai al sicuro,
come fossi nel ventre di tua madre.
Titubo. È un mattino di settembre,
e viene giù una pioggia che non dico,
e in tutto quell’anomalo silenzio
sento la mano sopra la mia spalla.
Entra, ti dico… Ho deciso, ed entro.
Che cosa sia successo, non lo dico,
non posso, no, la mano me lo vieta.
E sono ancora qui, sotto la pioggia,
fradicio inzuppato, da anni ed anni,
la mano stretta al collo e senza ombrello.


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