IN AQUA VERITAS #8

Il mare ha la libertà di fare il mare

Il mare ha la libertà
di fare il mare,
e schiuma, ondeggia, s’accavalla, rugge,
corre di qua e di là, va avanti e indietro
in un via vai di acqua sulla spiaggia,
a volte freme, suona e a volte arpeggia,
musica che solo Dio
sa far suonare.
Il mare ha la libertà di fare il mare.
Anche il poeta
ha la libertà del mare,
e mette giù due versi e li cancella,
toglie una parola che non suona,
ne cerca una facile all’arpeggio,
ne guida il ritmo,
sillabe di canto
sullo spartito della metrica, ne accentua
a orecchio una vocale, affina il verso
che danzi sulle labbra e lasci un suono
armonico all’udito.
Come il mare,
il verso, una musica che suona
sullo spartito di Dio, il verso e il mare,
canto di poesia,
canto di mare.

Claude Monet, Marine, “Pourville”, 1881

Perù tragico

Cavallino dalla coda di sale
che trastulli l’algida luna,
galoppa al pueblo di Mancora,
la gente teme una sciagura.
Destriero senza cavaliere,
non farti scoraggiare
quando l’oceano tuona,
il nocchiere è tutt’uno col mare.
Galoppa fino al pueblo bianco,
fino ai margini del deserto,
la stiva rigurgita di ghiaccio,
il peschereccio è pronto a salpare.
Cavalluccio burellato d’argento,
scendi nell’abisso profondo
fino al relitto di quel pescatore
prigioniero della sua fatica.

Claude Monet, La barque à Giverny, 1887

Lago

Restiamo qui, ai limiti del lago,
ad ascoltare il vento, che trascorre
tra abeti centenari.

Ad ascoltare il canto del ruscello
mentre si immerge dolce e si confonde
tra riflessi di sole.

Potessimo fermarci qui, per sempre,
senza morire di freddo e di paura
quando giunge la notte!

Potessimo morire qui, sereni,
perché la vita è un dono che ci è dato
al prezzo della morte,

baluginìo di sole tra le onde,
raggio di luce sopra l’acqua scura,
riflesso nel profondo.

Claude Monet, View of Vétheuil-sur-Seine, 1880

Sul filo dell’acqua

Oh placido Garda
che risciacqui
col dolce tuo blu
brevi riflessi di vita,
riporta al largo
vele da troppo ammainate,
timoni ammuffiti
tra i tuoi flutti profondi.

Un torrente tra i monti

Placido Leno
che scorri gentile
tra gli argini
che l’uomo ti pose,
dall’imo alveo
che accoglie il tuo corso
osservi imparziale
lo scorrere lento
delle umane facezie
che con la tua acqua
ricevono vita
e laborioso impulso
al loro operare.
Da valli anguste
trai le tue origini,
ma nell’ameno Borgo
trovi il tuo sfogo finale,
impreziosendo con
il tuo gaio mormorio
il quieto incedere quotidiano
di ogni passante.


Nota: il Leno è un torrente che nasce sulle Piccole Dolomiti e che lungo il suo tragitto attraversa i comuni di Vallarsa, Terragnolo, Trambileno e Rovereto, per poi sfociare nel fiume Adige. Il lago di Garda, citato nella prima poesia di Michele, abbraccia la parte sud-ovest del Trentino lambendo i comuni di Torbole e di Riva del Garda.

Le immagini dell’articolo sono state prese da Wikipedia

IN AQUA VERITAS #7

Improvviso Acquatico N° 1

Lo sguardo scende,
scivola lungo l’ombra di un pensiero liquido,
poi si tuffa e rimbalza schizzato da gocce come di pozzanghera.
E poi?
Poi, giochi di risacca senza mare,
immagini di un vetro senza onda,
un cristallo fluido, volante, immobile nel mattino bagnato di luce.
È soltanto un’idea di pensiero liquido,
pensiero pensante che sa di non pensare.
Perché pensare?
Nuotare, si! Nuotare…forse.
Nuotare per sciacquare la mente stanca,
aprire il rubinetto del lavacro antico e
schizzare nella danza delle gocce che si frantumano nel nulla
come stelline rapite dal vento, disperse per sempre.
Rincorrere come per gioco le bollicine dell’acqua gassata
che salgono dal bicchiere di vetro pulito per scoppiare felici e inutili.
Lo sguardo ora sale,
cerca l’acqua lustrale dove tuffarsi come un missile senza ritorno,
un sacro vettore di pace bagnata di Dio.
Ed è gioia.

Improvviso Acquatico N° 2

Acquazzurra acqua chiara,
fresca e dolce come petrarchesca icona d’arte
liquido profumato di fresco,
immagine trasparente.
“Fontanella d’acqua ricciuta” canta la filastrocca,
“dico a tutti che t’ho bevuta” risponde il coretto
“ho bevuta quest’acqua matta,
cielo caduto, neve disfatta”.
Acqua disfatta,
verde putredine d’uomo impazzito
“Aqqua” come un errore,
“Acua” senza la “q”
acqua come sciacquone,
acqua salata di mare
acqua salata di lacrima
acqua dell’onda
acqua innocente,
acqua inquinante
acqua rubata alla gente
acqua rubata alla mente
acqua del Rubicone
il dado è tratto!
Acqua minerale
acqua siderale
acqua di un vecchio mulino
acqua di quand’ero bambino
acqua bevuta, acqua finita.

Gustave Caillebotte, Les jardiniers, 1875

Accadueo

Pulisci detergi disseti: proteggi.
Bolli ribolli, vuoti riempi ricolmi;
diluvi sommergi e ti prosciughi;
scendi dal cielo o sali surgiva;
stagni ristagni poi impetuosa
precipiti a valle. Cristallina
o nera come il petrolio: blu
Blu notte
Blu elettrico
Blu cobalto: celeste
Azzurra, azzurrina, azzurrognola,
azzurra chiara, azzurra scura,
azzurra acqua marina:
turchese o verde smeraldo.
Limpida, limpidissima, trasparente
Torbida, torbidissima, marrone
Leggermente increspata
O liscia come l’olio: placida, ferma,
immobile, inerme; mare forza nove,
Marosi cavalloni e furenti destrieri
…acqua, e così sia…

Schizzarsi d’acqua

Ci si divertiva un sacco, io e tu,
a farsi inzuppare dalla pioggia;
scambiandosi, di tanto in tanto,
un tenero bacio e solo per vederti
ridere fingevo di nuotarci in mezzo.
Schizzarsi poi, come bambini, d’acqua
era il nostro divertimento preferito.
Una volta a casa ci si tuffava in doccia,
ovviamente bollente: bello era toccarsi.
Mentre, sorseggiando un the, guardavi
seduta sul divano la tv, ti asciugavo i capelli;
e mi dicevi “scemo”, se non li stiravo a dovere.
Non te lo ho mai detto, ma era eccitante
sentire i tuoi gridolini chiamandomi così.
Ti facevi d’un tratto seria; posavi l’infuso
sul tavolino, spegnevi il televisore e
si faceva all’amore. Ci si divertiva così
noi due, incuranti del raffreddore.

Gustave Caillebotte, Skiffs on the Yerres, 1877

Lago

Le increspature dell’acqua
si contornano
di foglie colorate
quasi a cancellare
quell’immagine
ora certa e ora confusa.
Sulle sponde, camminano
splendide riflessioni
per un tempo
che si ferma ad ammirare
un cigno
intento ad alzarsi in volo.
E il silenzio
saluta questa meraviglia
mentre nella notte
la luna e le stelle
giocano a ritrovarsi
illuminando il suo profondo colore.

Bolla di sapone

Trasparente, luccicante
s’innalza leggera
verso l’azzurro cielo
rapita da sguardi bambini
illuminando l’aria
con magica immaginazione
mentre i sorrisi intorno
colorano il mondo
che in cerchio ha perso
per un attimo il suo contorno.

Gocce di rugiada

Prima una,
poi un’altra
poi incominciano
ad arrampicarsi
sul volto, sulle braccia
su tutto il corpo.
Piccole gocce
di fresca rugiada
che si staccano
dalla magica fonte
e sussurrano
tenere emozioni
a visi osservanti
luminosi d’amore.
Piccole gocce
che recano messaggi
da leggere
con il silenzio del cuore
sorridenti
allo sbocciare
di un nuovo piccolo
amato fiore.

IN AQUA VERITAS #6

Aqua

Tu sei mare profondo, che nasconde
tesori inesplorati.
Sei la pioggia: sei goccia di rugiada
sul fiore inaridito che rivive
al tuo bacio d’amore.
Tu, acqua chiara, acqua cristallina
di fonte… tu, torrente che trascina
nell’impeto di piena…
Sei il candido mantello che ricopre
i campi nell’inverno, perché il frutto
si generi e maturi.
Purifichi ogni cosa e la rigeneri;
sei vita ed energia. Risuona il bosco
al tuo canto perenne e si rinnova
quando scendi dal cielo.
Tu cadi poi violenta dalle rupi,
e imprigionata muovi le turbine
per dare luce agli uomini e lavoro
alle città lontane.
Sii benedetta, acqua, che riposi
nei laghi alpini, e che fecondi i campi
e disseti le mandrie della valle
e i pascoli dei monti!
Sii benedetta, acqua!

Mare

1
Il mare è calmo.
Un bimbo sulla riva
gioca con l’acqua.
2
Guizzano i pesci
nell’acqua trasparente:
lampi d’argento.
3
Brezza leggera
increspa la marina.
L’aria è serena.
4
Una ragazza
si stende sulla spiaggia:
la bacia il sole.
5
Scura è la notte.
Sul mare, le lampare,
uniche luci.
6
Per cinque giorni
il vento di ponente
porta tempesta.
7
Onde incalzanti
relitti d’ogni genere
portano a riva.

Joaquín Sorolla, Children on the Seashore, 1903

El noss Lac de Garda

Me fermo dopo Nago,
sora sta gran terrazza
‘n de na corniss de fiori,
el lac a rimirar.
Davanti a mi sto spègio,
né quadro né rotont,
ch’el ciapa òci e ‘l rèst…
da Riva, fim zo ‘n font.
‘Ntorno, ‘ntorno vedo
paesi e paesòti,
co l’aqua che li bagna
e cocolài da ‘l sol.
Me gusto sto spetacol,
che me ‘mbriaga ‘l cor.

Ti sei cossita bèl,
che, bisogna che te varda;
sto prà fiorì de barche:
l’è ‘l nòss… Lac de Garda.
Per veder sta gran pocia
de aqua ciara e nèta,
forèsti o no forèsti
i vèi da tant lontan.
D’istà per far el bagno
o ‘n giro ‘n la barcheta;
d’inverno i se contenta
de bagnarse sol le mam.

La sera, lì ‘n gual nòt,
quando el sol s’à smorzà,
gh’è l’aqua che par òio…
… te resti lì ‘ncantà.

El sabiom e l’aqua del mar,
ai altri ghe lasso;
e le navi… che i se le varda,
che mi ‘l sol el ciapo ‘ntra i sassi
e me bagno… ‘n tel noss Lac de Garda.

Joaquín Sorolla, Beached-Boats, 1915

Il mare sommerso

Il mare sommerso guidava i miei passi,
come la luna d’ottobre quando rischiarava
le tue voci le udivo, ma non abbastanza:
chiedevi di fare solennemente la vita
e quando la feci urlai di strazio immenso
e fosti presente a questa nascita importante
fosti tu a guidare il silenzio nei crepitii
e divenisti il muro dove deviare l’acqua
e le cose nascoste. Mi trovai a gridare
ma questa volta come il nato che chiede
e mi nutrono ascoltando gli scalpiccii
delle mie gambe malferme sull’assito.
E rimango prudente perché se dolce era
la lentissima notte di amore profondo
ho ancora il tuo passo nelle mie ragioni.

Joaquín Sorolla, Children in the Sea, 1909

Do parole co l’Ades

‘Ncucià ‘n riva a l’Ades
el vardo passar apiàm.
poca aqua, qualche candolòt,
legni e màce strambe,
brontoléva le trote
stormenìe ‘ntra i sassi slisi,
gnanca bone de arfiàr.
Dale bande macióni spelài,
sechi, seài.
….” Te sei brut, g’ò dit….
Da bòcia vignivo a zugàr,
te eri sam, nèt.
I to ghirli de aqua
pirleva rabiosi
dopo le séche d’istà,
senti vene la to voze
‘n la nossa Val,
fim al piam, ‘nte ‘l mar.”
….” Som malà, ‘l me diss,
nissum vol che guarissa….”
L’ò carezà come en putelòt,
‘na gresta de aqua
me bagnava i déi, la scotéva.
….La fevér la è ‘ncor alta….

Due parole con il fiume Adige
Accucciato in riva all’Adige/ lo guardo passare piano piano./ Poca acqua, qualche barattolo,/ legni e macchie strane,/ brontolavano le trote/ tramortite tra i sassi levigati,/ neanche capaci di respirare./ Dalle sponde, cespugli spellati./ secchi, assetati./….”Sei brutto, gli ho detto…./ Da piccolo venivo a giocare,/ eri sano, pulito./ I tuoi gorghi d’acqua/ vorticavano rabbiosi/ dopo la siccità d’estate,/ sentivamo la tua voce/ nella nostra Valle,/ fino alle pianure, nel mare.”/ ….”Sono malato, mi dice,/ nessuno vuole che guarisca….”/ L’ho accarezzato come un bambino,/ una cresta d’acqua/ mi bagnava le dita, scottava./….La febbre è ancora alta….

Ruzada

Sgolo lizera,
lagrimo fim la matina.
Boschi e prai
speta el me fià.
A palpòm tasto
le fize del temp,
conosso tuti i sogni de la not.
Apiam me molo
drento a ‘n fior,
el sguazzo de zel,
‘mpenisso le so vene.
E lu, morbio e drit
me beve fim ‘n font.

Rugiada
Volo leggera,/ lacrimo fino al mattino./ Boschi e prati/ aspettano il mio fiato./ A tastoni assaggio/ le pieghe del tempo,/ conosco tutti i sogni della notte./ Lentamente mi adagio/ dentro un fiore,/ lo bagno di cielo, riempio le sue vene./ E lui rigoglioso e diritto/ mi beve fino in fondo.

IN AQUA VERITAS #5

Bosco incantato

Strisce di luce
ombre filtrate
sentore di verde
sul bianco frastuono
dell’acqua.
Limpida sorgente
sottili fili
d’argento
in fresca danza
su teneri muschi
di sole dorati.
Note scintillanti
di fuga felice
nello stupefacente
mondo incantato.
Misteriosa l’impronta
della natura.

È valso il viaggio

Solo l’abbondanza
verde
d’acqua in corsa
sotto il ponte
di Mori
solo la linea blu
nel chiarore spettrale
in fondo al lago
dietro grigia cortina
di tempesta
tra Malcesine e Limone
solo la chiara atmosfera
lavata
del Limarò
è valso il viaggio
sotto la pioggia
e ritorno.

Claude Monet, Water Lilies, 1916

Acqua

Sei fonte di vita nel grembo materno
In neve ti trasformi nel gelido inverno
Zampilli, scorri e saltelli per boschi e per monti
e nel grigio della città ti confondi
Sei l’essenza di ogni cosa
Guardando te la mente si riposa
Nel mare sei salata
Nel lago sei dolce
Del fiume sei la fonte
Sei il dono di Dio e l’elemento del mio io

Acqua tutto

Acqua tutto possiedi
Tutto trasformi
Tutto trascini
Sei distesa
Sei goccia
Sei rivolo
ti illumina il sole
e in arcobaleno ti trasformi
ed incanti il mondo
speranzoso di felicità

Claude Monet, Water Lilies, 1914

Acqua

Ora son lampi seguiti dai tuoni
ad accompagnare a sera
gli affanni degli uomini.
Sorpresa dalla pioggia
rimango incantata dal fragore di Signora Acqua
nostra madre sacra.

Pioggia

Messaggio di pioggia,
porta il cielo,
entra dalla porta
un’aria fresca
che mente l’arrivo
di una tempesta.

Arcobaleno

Un ponte fra il cielo e la terra,
la meraviglia dei colori scioglie le nubi.
I temporali vanno lontani,
il cielo terso attende il domani.

Claude Monet, Water Lilies, 1917

Acqua

Acqua,
tu che mi culli da sempre,
fin da quando i miei occhi
vivevano chiusi
e non sapevano
dissetarsi di te,
le mie mani rinfrescarsi
della tua premura
ed il tuo tempo
non era ancora
musica e trasparenza,
perdonami se puoi…
Non c’è un ricordo
che mi riporti a te,
tuttora non ti conosco
ma tu conosci me.
Però, lo so,
se tu non ci sei
il mio cuore brucia,
se tu irrompi
non c’è spazio,
non c’è battito
che tu non travolga.
Ancor non ti conosco
ma tu conosci me.
Perdonami se puoi,
insegnami se puoi…


IN AQUA VERITAS #4

Se gli oceani, i mari, i laghi, i fiumi, sono acqua, acqua è anche quella del pantano, della pozzanghera, e, come no?, acqua sono le lacrime che ci scendono giù per le gote e arrivano a bagnarci le labbra. E pare quasi che abbiano il sapore del mare…

‘Na goza

Se pianze pensando
a chi avem pers
lungo la strada.
Se pianze pensando
a quant’ l ‘è bela la vita
coi regali che l’ha fa.
Se sta goza che scende
da i me oci
e la me bagna la boca
che meravilia!
Sento el saor del mar.

Una goccia
Si piange pensando /a chi abbiamo perso lungo la strada. /Si piange pensando /a quanto è bella la vita /con i regali che ci fa. /Se questa goccia che scende /dai miei occhi /e mi bagna la bocca /che meraviglia! /Sento il sapore del mare.

Acqua

Ho vist ‘na belissima fontana
en te’ na piaza.
Acqua che score
zampila verso le stele.
Acqua viva che nutre la vita.
Acqua che riflete
l’imagine de la luna
che splende nel ciel
nel ciaror e nel silenzio
de la sera.
Acqua fresca che diseta
la me anima.

Acqua
Ho visto una bellissima fontana /in una piazza. /Acqua che scorre /zampilla verso le stelle. /Acqua viva che nutre la vita. /Acqua che riflette /l’immagine della luna /che splende nel cielo /nel chiarore e nel silenzio /della sera. /Acqua fresca che disseta /la mia anima.

Pierre-Auguste Renoir, By the Water, 1880

Dopo il temporale

Fuori ancora piove.
Un mare di pozzanghere
senza sole
specchiano
finestre aperte al cielo.
E mentre un passero
frugando le ali
prende un bagno,
mi coglie un fremito.
Vorrei salire da solo,
lassù, verso l’eterno,
aggrapparmi
al bordo dell’infinito
per rotolare poi
libero e felice
per le chine scoscese dell’etere.

Alveo vecchio

Ogni zolla,
ogni metro di terra
strappato a canneti antichi,
vivi un tempo di anatre e di folaghe.
Gronda sudore di braccia,
preghiera e bestemmia,
delusione e speranza,
per l’uomo
che strappa ogni giorno
dolore alle mani callose
piegate sull’ingrata terra.
Passano i giorni,
e l’autunno saluta
col grido dell’ultimo uccello.

Pierre-Auguste Renoir, Boating at Argenteuil, 1873

Nella poesia di tutti i tempi l’immagine del lago si associa spesso a un senso di calma, di meditazione o ripiegamento interiore, quando invece fiumi e torrenti evocano stati d’animo più mossi e mutevoli, se non perfino tumultuosi. Questo dato non è una regola, ma capita di riscontrarlo con una certa frequenza. Basti solo pensare alla poesia di Apollinaire intitolata “Le Pont Mirabeau”, inclusa nella raccolta Alcools del 1913, dove il flusso continuo del fiume è paragonato al passare inesorabile dei giorni, così da evidenziare l’effetto distruttivo che il tempo esercita sull’amore: Passano i giorni e passano le settimane / né il tempo passato / né gli amori ritornano / sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna / Venga la notte suoni l’ora / i giorni se ne vanno io rimango. Le esperienze trascorse, gli amori e i ricordi vengono trascinati via dall’impetuosità della corrente, e al poeta non resta che constatare la sua impotenza di fronte al tempo, che non può essere fermato o rivissuto una seconda volta. La vita, sembrerebbe suggerire Apollinaire, ha troppa fretta di scomparire, ma anche se il tempo a noi concesso è molto breve rispetto all’eternità, vale la pena non sprecarne neppure un attimo.

Calma di lago

Nel cielo dal settembre illanguidito,
gioca il sole coi cirri a nascondino
e manda raggi d’oro sopra il lago
tra il fogliame del larice e del pino.
Placido il lago, liscio come specchio,
rimanda palpiti d’arcobaleno
mentre dal bosco immoto solo un picchio
osa turbare tutto quel sereno.
S’inarca il guizzo argenteo di un pesce…
Un’anatra remeggia silenziosa.
Nella calma di lago alfin mi riesce,
dagli affanni del giorno trovar posa.

Il torrente

Accanto a un masso
ombrato di verzura
guardo il torrente
scorrere nella valle
limpido e fresco
garrulo sui sassi
e penso; Acqua che passi,
più non potrai tornare!
Diverrai fiume,
e poi diverrai mare…
Sei come il tempo,
sei come la vita
che non si ferma:
appena ieri
sembrava cominciata,
e già è finita…


IN AQUA VERITAS #3

Pioggia

Gocce di pioggia avvelenata
attraverso una nebbia
intessuta d’inganno e d’indifferenza.

Fredda
come un pugnale
che penetra
improvviso
nell’intimo.

Violenta
quando si abbatte ed esplode
in mille ruscelli
che alimentano angoscia.

Amara
quando è fonte e sostegno
dell’anima ormai pietrificata.

Vitale
quando fa crescere
la voglia di accendere
l’ultimo arcobaleno.

La vecchia fontana

                       Tanto antica
da ingannare la mia memoria
alla base di un vecchio ciottolato
la fontana della Rosina sul Forno
è ancora nel ricordo.

I segni del tempo
tanto evidenti
penetrano nelle rughe della pietra
ad osservare sul fondo
l’impronta grigia del passato
e quella verde del muschio.

Un filo d’acqua trasparente
scende a spumeggiare una nenia
di lontani ricordi.

Quella musica immaginaria
stimola la memoria
e, nella trasparenza dell’acqua
fioriscono antiche immagini;
la dura vita del tempo
nelle torride estati, a piedi nudi
a dissetare infinite curiosità.

Risuonano vibranti storie
della mia gente,
e in quel ricordo,
l’anima si ammanta
dei colori dell’arcobaleno
nello stupore di un concerto
di sogno,
              d’acqua
                           e di vita.

Alfred Sisley, Moret sur Loing the Porte de Bourgogne, 1891

Vita – Acqua

Se rote le acque, se nasse.
Se pianse sensa lagrime,
le vegnerà co l tempo
co no se è popi,
e no le serve per ciamar,
pù avanti le score nte la vita
come su tere nabie el temporale
o su tera ngremenia
fiochi e giasso.
Lagrime, acqua e sale,
come sprussi de mar,
onde, man slargade
a caressar la sabia,
a spianar la vita.
Lustrini de oci,
sorisi de lago,
pieni de forsa
come l’acqua
che mosega e busna
pian a far la so strada
o rumor de brentana:
e ala fine forsi ncor na man
co na careza come de mama

Vita-Acqua
Si rompono le acque, si nasce. /Si piange senza lacrime, /verranno col tempo /quando non si è bambini, /e non servono per chiamare, /più avanti scorrono nella vita /come su terre asciutte il temporale /o su terra gelata /neve e ghiaccio. /Lacrime, acqua e sale, /come spruzzi di mare, /onde, mani allargate /ad accarezzare la sabbia, /a spianare la vita. /Luccichii di occhi, /sorrisi di lago, /pieni di forza /come l’acqua /che corrode e romba e sovrasta /adagio a fare la sua strada /o rumore di piena; /e alla fine forse ancora una mano /con una carezza come di mamma//

El pensar

El pensar
ninà per sora,
portà da l’acqua
fin al lago,
se lassa ndar
el pensar;
uce de acqua
gozze de piova,
le ponze
le sfanta i lusori;
e passi
su ste nostre tere
siore de acqua
mai sparagnada:
sassi
e peste greve
de straco,
de stiani,
de seci e ninsòi de lissia
portai sul bigolo;
e resta rento
quele de incoi
de paesi poreti
da na tera nabia,
de ordegni
tegnui da conto,
da mpienir a nassive
tegnisse e lontane.

Pensieri
I pensieri cullati in superficie, /portati dall’acqua /fino al lago, /si lasciano andare i pensieri; /aghi di acqua /gocce di pioggia, /pungono, /sfumano luccichii/ e passi /su queste nostre terre /ricche d’acqua /mai risparmiata, /sassi /e orme pesanti /di stanchezza, /di un tempo passato, /di secchi e lenzuola di bucato /portati sul bilancino: /e rimangono dentro /quelle di oggi /di paesi poveri /dalla nuda terra, /di contenitori /tenuti con cura /da riempire a sorgenti /avare e lontane.//

Alfred Sisley, Confluence of the Seine and the Loing, 1885

L’acqua

Le foglie caduche
dove passa ciò che resta
attraverso il tempo della memoria.

Il freddo
dove l’acqua gocciola
nella rugiada di una eterna
risata.

Scende ripetutamente
la magia artica di un vento
insipido dove restare cauti
blocca l’umidità di una circostanza.

È frutto della natura
il tuo corso millenario
è l’acqua maestra d’arte
dell’eternità sua veste sacra.

Universale

Si cresce
legati alla sua trasparenza
e alla sua incommensurabile
purezza.

Fluida come un ventaglio
accarezza significativamente
ogni angolo del globo
dove il bisogno è fabbisogno.

Non c’è dono più grande
che la sua essenza ci può dare
l’acqua è fondamentale
ci travolge come le onde del mare.

L’immensità soggiace
e la sabbia del tempo
calamità del saliscendi
di una cascata di bellezza universale.


IN AQUA VERITAS #2

Angelo Casamassima Annovi

Una volta il Po era un fiume piccolo e sporco. A dire la verità non era poi così piccolo perché era lungo 652 chilometri e in poche decine di migliaia di anni era riuscito a costruire coi detriti trasportati dalle sue acque la grande Pianura Padana. Il suo bacino imbrifero, alla fine del ventesimo secolo, era di circa 75000 chilometri quadrati; la sua portata massima sfiorava i 9500 metri cubi al secondo ed era navigabile per lunghi tratti. No, non era poi così piccolo l’antico Padus dei Latini, però era davvero uno dei fiumi più sporchi del mondo. Strano ma vero: nel cuore della ricca Europa, in quella pianura percorsa da secoli di progressi inarrestabili, quasi tutte le città erano prive di depuratori e consentivano lo scarico di ogni genere di rifiuti nelle acque dei fiumi e dei laghi. Naturalmente il Po, strada facendo, raccoglieva i “regalini” di paesi, città, metropoli, industrie, porcilaie e li scaricava nel Mare Adriatico.
Purtroppo c’è una verità che troppo spesso viene dimenticata: è molto più facile distruggere che costruire. (dall’introduzione del libro “Storia di una rivoluzione fatta con l’acqua”, Angelo Casamassima Annovi, ed. ArcoLibri, 2007)

L’uomo d’acqua

La pioggia nella notte
mentre cerchi di dormire:
rombo meraviglioso
se hai poesia nel cuore,
invito martellante a ripensare
alle sorgenti della vita.
Sei sempre tu acqua a stordirmi
col tuo su e giù tra cielo e terra.
Sei un mistero che mi provoca,
una voce che mi dice: vieni!,
vieni su piccola creatura,
dimostra a te stesso di aver capito
che io sono dentro e fuori di te:
io sono tua madre.

Alle Isole Cheradi

Vi ricordate di me
sorelle mie lontane?
Ve lo ricordate quel bambino
che vi scrutava dal ponte di una nave?
Rimase così stupito
dal vostro apparire tra le onde che disse:
babbo, da dove sono sbucate queste isole?
Che risate si fece mio padre!
E che risate si fecero i marinai! E voi,
San Pietro e San Paolo: ve lo ricordate
il ragazzo in quella barchetta a remi
che pensava d’aver compiuto un’impresa
quando raggiunse le vostre spiagge proibite?
Quanti sogni m’avete regalato
isole della mia giovinezza!
Quante volte ho sognato di regalarvi
due immense piramidi luccicanti!
Mi sembrava ingiusta la vostra solitudine,
il vostro abbandono come due scogli inutili.
Volevo avvicinarvi alla luna e alle stelle,
volevo che tutti s’accorgessero di voi,
ma ormai mi son dovuto arrendere
al grigio che avanza tra i capelli.
Mi resta ancora una dolce visione: un giorno,
un grande uomo col cuore di un bambino
riuscirà a realizzare il mio antico sogno.

Claude Monet, The Cliff, Étretat, Sunset 1883

Elena Albertini

Anche le lacrime sono fatte di acqua, e se sono quasi sempre espressione di sofferenza interiore possono, in molti casi, avere funzione consolatoria, oltre che liberatoria. Il pianto può infatti sciogliere il dolore, può diventare acqua che ristora una sete a lungo nascosta, trattenuta o negata. Può essere il presagio di una forza ritrovata, di una propensione nuova nei confronti della vita.

Lacrime

Lacrime d’anima scendono
giunta alla porta del senso.
La apro.
C’è luce abbagliante e silenzio assoluto
nel tempo fatale e paura.
Non oso passare. Non oso sfidare il mistero,
così sto sulla soglia e immobile
attendo la mossa del fato,
mentre il dolore e il ricordo mi lacerano dentro.
Improvvisa la forza mi squarcia e mi lancia lontano.
Mi alzo, barcollo, il capo piegato, la mano protesa,
riapro la porta e oltrepasso la soglia…

Fiocco di neve

Quale mistero è la vita,
e quale infinito pensiero è la morte,
se anch’io, fiocco di neve
sperduto nel turbinio di una tempesta d’inverno,
arrivo alla soglia della risposta del senso
e lì, volteggiando, mi perdo nel suo infinito candore.

Claude Monet, Arm of the Seine near Vetheuil, c. 1878

Gilberto Antonioli

L’Adige, mai stanco dopo tanta strada, scendendo prima come un rapido fiumicello per la Val Venosta, lambisce di corsa Merano, poi sfiora più lento e calmo Bolzano, tocca appena Trento, Rovereto e Ala e finalmente si insinua nella val Padana e s’acquieta entrando a Verona che attraversa tra chiese, torri, palazzi e castelli da un ponte all’altro, e bonario e tortuoso, serpeggiando tranquillo, con curve sinuose, lento, scivola salutando la città puntando verso il mare.

L’Adige scivola lento

Ammira scivolando l’impressione
di grigia pietra
che sui fianchi non disegna
una strisciata
di stanchezza e di colore
che l’occhio sfuma
nell’attesa del tramonto
ma la tensione
è verso il cuore che l’attende
delle chiese,
delle torri e dei palazzi,
dei teatri, dei castelli e delle mura,
che rincorrono, nell’acqua,
i campanili,
lento scivola
e saluta di Verona
le vestigia che l’attendono
e la quiete.

Allontanarsi è un po’ come morire

L’Adige trita
con l’orgoglio degli dei
un sentimento di sconforto
e delusione,
non attende il momento che vedrà
il nettare approntato per gioire
e rincorre con stringente opacità
lo scabro letto che s’allarga alla pianura,
si perde l’occhio nel riposo del tramonto
per scoprire il disagio di frutteti,
abbandona quella dama signorile
agghindata dalle piazze e dalle chiese,
dai castelli che rimembrano le gesta
di gloriose signorie e cavalieri,
accarezza con l’ardore d’un amante
una brezza che Verona gli ha spedito,
ora trema con passione e nostalgia
verso spiagge che l’accolgono silenti.


Fonte delle immagini: Wikipedia (L’enciclopedia libera) e WikiArt.org

IN AQUA VERITAS #1

Italo Bonassi – Introduzione

In principio Dio creò il cielo e la terra. Ma la terra era vuota e deserta: la tenebra era sulla superficie dell’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. Dio disse: Sia la luce! Vi fu la luce. E Dio vide che la luce era buona. E separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò giorno la luce e notte le tenebre. Poi venne sera, poi venne mattina: il primo giorno.
La radio che strepita. Il televisore che fa a gara col rumore di alcune motorette giù in istrada. L’acqua del rubinetto che croscia con violenza nel lavello mentre lei lava e risciacqua pentole, bicchieri e piatti e tutto quello che c’è da lavare.
L’acqua, sì, l’acqua, questa nostra indispensabile amica, nel bene e nel male, nella siccità come nelle alluvioni, l’acqua, questo meraviglioso ammasso liquido di idrogeno ed ossigeno (ogni due atomi di idrogeno, uno di ossigeno, e qui non ci si scappa, la natura non fa eccezioni, miliardi e miliardi di miliardi e ancora miliardi di molecole in un laghetto alpino, tutte composte da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno), e, dicevo, scorre nella costrizione delle tubature, sale fino al secondo piano dove abito, giunge al rubinetto e si getta scosciando nel lavello della mia cucina, finalmente libera.
Poi, silenzio. Improvviso quasi sconosciuto silenzio. La radio e il televisore sono spenti, i motorini hanno smesso di passare. Pentole, bicchieri, e quant’altro sono sistemati a sgocciolare tranquilli nello scolapiatti. L’acqua non canta più, altra acqua è ancora rinchiusa nelle tubazioni, ferma all’altezza della bocca del rubinetto.
Ed ecco che tutto sfuma, dilegua, come se una nebbia avesse portato via tutto, e resto solo io, e, dolce e tenera, sommessa e suadente, una voce che non conosco, mai udita, si confonde con lo stormire leggero delle foglie, col suono appena percettibile di un ruscello. E tutto attorno a me è poesia, tutto è preghiera. E mi pare di sentire l’acqua del ruscello ripetere sottovoce la voce misteriosa del silenzio. Quella del Cantico delle Creature di S. Francesco d’Assisi, il Cantico di Frate Sole.

Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laura nuda fa il bagno in un fiume, come una Venere nascente nell’acqua. Ricordate? Chiare, fresche e dolci acque, / ove le belle membra / pose colei che solo a me par donna… Il sogno d’immensità perdute di acque, di oceani mai navigati, è posto oltre i confini di ogni immaginabile memoria.

Camille Pissarro, La bagnante,1895

Giuliana Raffaelli

L’elemento acqua (in latino senza la c: aqua), le pennellature, le fantasticherie suggerite dagli abissi, i laghi, i fiumi, gli stagni, le lacrime, sono totalmente diverse da quelle che legano al fuoco, alla terra, all’aria.
Un esempio classico è quello di Narciso, che contempla ciò che lo specchio d’acqua fa trasparire della propria natura, quando lascia vedere e non vedere. La visione che appare dall’acqua sa addensare in sé un’intensa vita onirica. In tante religioni, anche nella cristiana, l’acqua è il simbolo dell’origine della creazione, come citato nella Genesi: “Lo spirito di Dio aleggia sulla superficie delle acque”. È il grande simbolo della rinascita, della purificazione, della memoria, ma anche della benedizione. L’acqua, rappresenta una simbologia ambivalente e opposta: dà la vita ma dà anche la morte, il Bene e il Male, l’acqua fresca e calma e il diluvio, la distruzione, come il Diluvio Universale della Bibbia.
Mi piace l’acqua quando esce dalla notte e diventa rugiada; sono tante gocce di un argento striato da brividi. Acqua, gocce di sapore cosmico, primordiale incantamento.
La verità e l’energia dell’acqua, che è la madre del mondo. E tutti noi ne siamo i figli, impregnati e nutriti d’acqua.

Fresca come il primo giorno

Non mi va il tuo fare indifferente:
senza di lei tu sai
che non puoi vivere.
Puoi stare tutto quanto un mese intero
senza toccar mai cibo, però starle
lontano una settimana, o anche meno,
amico mio, tu sai, che moriresti.
Non puoi star senza lei, ti appartiene,
è una parte di te, e tu la ami,
è un prodigio di natura, uno spettacolo
creato dalle stelle, ti raffredda
i bollori, perché, lei, nonostante
i suoi quasi sei miliardi di anni,
è fresca come e più del primo giorno,
lo sai, che l’hai incontrata.
Lei, è tutto per te. Sì, un po’ come
l’aria che tu respiri.
Lei, l’acqua.

La carezza dell’acqua

Penso a un maggio pieno di pioggia.
C’è questo cielo corrusco, gonfio
di nuvole irose che si sopravanzano
l’una con l’altra.
È un mondo irrequieto il cielo di questo
maggio sopra la mia città, come pregno
di attese, desideri, e, forse paure.
Dev’essere bellissimo guardarlo dall’alto
dei tetti dei grattacieli, più vicino, incombente,
o dagli abbaini di qualche vecchia casa
del centro: stare a contemplare
la pioggia che scroscia e scivola
sui vecchi coppi, appena
intiepiditi da un sole fugace.
Ma, anche, non c’è forse
del bello nel camminare
veloci nella pioggia nei viali
del parco improvvisamente
deserto, e annusare
a fondo inebriandocene
l’odore buono della terra
bagnata? Quel vento
che sembra vivo e chi ti butta
in faccia la pioggia, a sferzarti, ed è bella
questa ruvida carezza dell’acqua!
Lo so che odiate tutti
la pioggia, ma provate
a guardarla mentre batte
sui tetti o fa lucente
l’asfalto solitamente opaco,
mentre impregna
la terra riarsa e fa sbocciare gli stentati
nostri gerani sui balconi. A me pare
così bella… Una carezza
di vita nuova.

Camille Pissarro, Il Giardino delle Tuileries in una giornata di pioggia,1899

La mia acqua è chiara acqua sorgiva fra teneri muschi fioriti, è aria che avvolge, carezza, abbraccio, incantato nuoto, è tempo che scorre, canto libero, respiro, emozione, è il principio della vita, cascate di umida memoria, limpida storia, è oscuro liquido, abisso profondo, sorgente sotterranea, è perdute sorgenti, vuoto fondale, terre alla deriva, arsura, indifferenza dell’onda, è girandola di luce, è spumeggianti cascate di luce, gocce scintillanti, è danza, infiniti cerchi, riflesso, opalina trasparenza, è arabesco, arcobaleno in frantumi, polvere d’onda, fluente chioma evaporata, è rumore che trascorre, è murmure cammino, bianco frastuono, rombo scrosciante, levigante fragore d’onda, è liquido sguardo, intrisi pensieri, pioggia nella mente, è rugiada, è umido strisciare di piedi nudi sulla sabbia, è acqua nel bicchiere. E io, in questa mia poesia, m’immedesimo fino a farmi pioggia. E piovo, piovo, piovo…

Pioggia

Ogni giorno di pioggia porta un fresco
velo di bruma e gli uccelli stanno
intenti ai loro nidi senza volo
né canto, e per le strade vanno
gli ombrelli e le mantelle per la pioggia
come naufraghi in cerca di un approdo.
Tutto un diluvio d’acqua sopra e sotto,
che cade, schizza, scivola e dà un suono
d’acqua, di fango e crosci di grondaia,
che gocciola e rimbalza triste e gaia
su muri, vetri, gonne e pantaloni.
Scendo in istrada ed esco ad inzupparmi,
sotto l’acqua che cade ininterrotta,
testa, corpo, braccia, mani, gambe,
canto di pioggia e musica di gronda,
e via via mi sfaccio in gocce d’acqua,
e piovo anch’io col cielo e con la gronda,
a brente, secchi, olle, catinelle,
divento canto e musica di pioggia.
E piovo, piovo, piovo, a Dio la manda.

Una mano nella pioggia

Una mano si sporge dalla pioggia,
e mi fa un cenno, come a voler dire:
Entra, non temere, senza ombrello,
credimi, che indugi?, non ti bagni,
che aspetti? Qui dentro stai al sicuro,
come fossi nel ventre di tua madre.
Titubo. È un mattino di settembre,
e viene giù una pioggia che non dico,
e in tutto quell’anomalo silenzio
sento la mano sopra la mia spalla.
Entra, ti dico… Ho deciso, ed entro.
Che cosa sia successo, non lo dico,
non posso, no, la mano me lo vieta.
E sono ancora qui, sotto la pioggia,
fradicio inzuppato, da anni ed anni,
la mano stretta al collo e senza ombrello.


Tutte le Immagini che compaiono nella serie IN AQUA VERITAS sono prese dal web, in particolare dalle pagine di Wikipedia (L’enciclopedia libera) e WikiArt.org

Il Gruppo 83 festeggia 40 anni

Domenica 8 ottobre la celebrazione del quarantennio al Colle di Miravalle di Rovereto (TN), che vedrà l’incontro con altre associazioni provenienti da Bolzano, Trento, Verona e Mantova. Segue il pdf con l’intervista apparsa pochi giorni fa sul quotidiano l’Adige, gentilmente condiviso dalla nostra socia Silvana Gottardi.


Aggiornamento del 13/10/23: qualche scatto del recente incontro avvenuto a Rovereto per festeggiare il quarantesimo anno di attività del Gruppo 83.

A partire da destra: Roberto Caprara, Giuliana Raffaelli, Silvana Gottardi, Italo Bonassi e Elena Albertini (foto di Monica Zomer)
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A cosa serve la poesia?

di Italo Bonassi

La poesia ha bisogno di appassionati che scrivano versi, non importa se modesti o ispirati, poiché tutti si nasce poeti dentro, c’è chi ha la cultura e l’ispirazione per eccellere e chi più modestamente si esprime in tono minore, non perché sia meno ispirato, ma perché ognuno usa gli strumenti linguistici che ha a sua disposizione. E in effetti, nell’esercizio della scrittura, ruolo fondamentale lo svolgono gli studi fatti, ma se uno non sente la poesia dentro di sé, fosse anche un professore d’Università, nulla potrebbe farne un poeta, perché con la poesia non si deve andare fino in fondo alla riga.

Una poesia non è un andare ogni tanto a capo, come nella prosa, con la quale si va fino in fondo alla riga, ma andar ogni tanto a capo non è sufficiente per dire che uno scritto è un testo poetico, perché si sa che, come nella musica, anche la poesia ha un suo ritmo, una sua scansione, una sua musicalità, delle regole da seguire, e uno che la poesia ce l’ha nel sangue le segue d’istinto, esattamente come uno, che ha un buon orecchio musicale ma non ha mai frequentato alcun corso, saprà comporre un brano dignitoso, non certo perfetto.

Ma che serve la poesia? Non serve per comunicare tra di noi, anzi sarebbe ridicolo chiacchierare tra di noi poeticamente: è piuttosto una forma esclusiva e irripetibile di linguaggio, e non un mezzo di comunicazione. Quindi non serve a fini utilitaristici, ma, se è per questo, neppure la musica, che serve solo a deliziare l’orecchio, e neppure un quadro che serve a deliziare la vista, né la scultura, la danza, ecc.

La poesia non deve essere qualcosa di istintivo, ma di riflettuto; poche volte ciò che si è scritto di getto è subito poesia, o almeno ciò può valere solo per quel tipo di poesia chiamata postprandiale, ovvero quella scritta in occasione di un matrimonio o di un pranzo di coscritti. Ma non si può parlare di poesia. Mi sento di spronarvi a continuare a scrivere, voi che avete già il dono di saperlo fare (se non fosse per questo, non leggereste queste mie righe), ma anche e soprattutto a leggere, e principalmente i nostri grandi poeti del 900 (secolo davvero d’oro per la poesia italiana, da Ungaretti a Montale, a Saba, a Quasimodo, a Luzi, c’è solo il problema della scelta). Tutti, anche quelli che scrivono solo in dialetto, dovrebbero conoscere i nostri grandi del 900, perché c’è sempre un’affinità, un trait d’union tra dialetto e lingua, e, chi conosce bene la lingua, impara un qualcosa in più anche per il suo dialetto.

Per concludere: per essere dei veri poeti non occorre non farsi capire; anzi, i veri poeti sono quelli che lasciano un messaggio comprensibile, che resti nella memoria del lettore.

Immagine di GRAZIA LUZIO

Grazia Luzio è nata a Potenza, fin dall’infanzia si è stabilita con la famiglia a Genova dove tuttora risiede. Ha frequentato scuole d’arte fra le quali l’atelier della Prof. Alda D’Alessio e del Prof. Lorenzo Massobrio. Dal 2007 ha partecipato a numerose mostre.

“Visioni oniriche e idealizzate sono il cardine della pittura di Grazia Luzio. Figure umane attraverso le quali, mediante una ricerca incline all’introspezione, l’artista assortisce, in aure delicate e incantate, variazioni originali sul tema del controverso rapporto tra reale e surreale, soggetto e autore, raffigurante e raffigurato, naturale e soprannaturale”